Linee guida e relazione di cura: profili bioetici

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Le Linee Guida (LG) sono uno strumento che ha lo scopo di orientare il medico nella sterminata letteratura a disposizione e nell’individuazione degli interventi più appropriati al caso concreto che si trova ad affrontare. Vi sono, tuttavia, alcuni aspetti che il Comitato Nazionale per la Bioetica ritiene debbano essere oggetto di attenzione, proprio in vista della migliore applicazione delle Linee Guida.
Potenziali criticità dal punto di vista etico possono emergere nella fase della produzione delle LG, della loro applicazione all’interno della relazione clinica e della valutazione della responsabilità dei professionisti sanitari. Criticità che riguardano, principalmente, il possibile conflitto di interessi di chi redige le LG, i limiti della “standardizzazione” delle cure, le difficoltà poste dal malato complesso e/o pluripatologico, l’idea che l’adesione alle LG offra un “porto sicuro” in un eventuale procedimento per colpa medica.
Le LG offrono un sostegno prezioso al processo decisionale del medico e il riferimento a esse costituisce una salvaguardia rispetto al rischio di adottare “pratiche diagnostiche o terapeutiche delle quali non è resa disponibile idonea documentazione scientifica e clinica, valutabile dalla comunità professionale e dall’Autorità competente” (Codice di deontologia medica, art. 13). Restano comunque al personale sanitario la responsabilità e il compito di interpretare le singole raccomandazioni in relazione alla situazione concreta che deve essere affrontata: una LG non è uno strumento vincolante, ma un supporto che il medico deve conoscere, senza per questo rinunciare alla sua autonomia sul piano professionale ed etico. Nel caso della scelta di una terapia, per esempio, le LG riportano l’effetto medio del trattamento di una malattia per un paziente tipo, mentre il paziente reale è di un genere e di un’età definiti e spesso è affetto da altre patologie. Inoltre vi è la questione fondamentale del rispetto dell’individualità del paziente e della sua autodeterminazione, anche in relazione – sempre nel rapporto di comunicazione e fiducia con chi lo assiste e gli garantisce piena e comprensibile informazione sulle possibilità esistenti – a quanto previsto dalle LG.
La “complessità” del paziente, del resto, non coincide necessariamente con la pluripatologia: anche condizioni singole, se accompagnate da fragilità cognitive, sociali o culturali, possono richiedere un adattamento delle LG basato su un giudizio clinico e morale attento al contesto globale della persona. Nel caso del malato complesso e/o pluripatologico, insomma, si rafforza l’esercizio di responsabilità derivante dalla consapevolezza dell’esigenza di un bilanciamento sempre attento tra evidenze scientifiche, esperienza clinica, valori del paziente, autonomia professionale e deontologia del medico.
In molti casi, le LG costituiscono un parametro impiegato dal giudice per valutare la sussistenza di un comportamento colposo da parte del personale sanitario. È importante sottolineare, tuttavia, che la giurisprudenza non ha riconosciuto alcuna automatica equazione tra l’osservanza o inosservanza delle LG e la configurabilità o meno della responsabilità del professionista, essendo il giudizio rimesso a una valutazione caso per caso dell’adeguatezza della LG alle specifiche necessità del paziente. Anche a seguito della legge n. 24/2017, si può affermare che le LG possono costituire uno strumento utile a orientare il giudice (e, soprattutto, i suoi periti) nel determinare come si sarebbe dovuto comportare il sanitario imputato, ma la loro osservanza muta il regime della responsabilità (punibilità solo per colpa grave) in una parte marginale dei casi di colpa medica. Il rispetto delle LG può esentare dalla responsabilità medica, ma esse non valgono come criterio interpretativo esclusivo di quest’ultima, anche perché potrebbero non essere aggiornate alle più avanzate conoscenze ed evidenze scientifiche, dato il ritmo vorticoso di queste ultime. 
Le LG, proprio in quanto finalizzate a migliorare la qualità della cura nella concretezza del contesto della relazione fra il paziente e i sanitari, non vanno intese come uno strumento utile ad affievolire la tensione etica di tutti i professionisti coinvolti e in particolare dei medici per l’accuratezza del loro impegno, bensì come un sussidio della comunità scientifica diretto ad accrescere la sfera della responsabile valutazione in ordine alla peculiarità del caso concreto.
Il parere è stato coordinato dalla Prof.ssa Lucetta Scaraffia e redatto dalla stessa unitamente ai Proff. Stefano Canestrari, Carlo Petrini, Grazia Zuffa (sino al 9 febbraio 2025) e al Dott. Guido Giustetto. 
Hanno apportato un importante contributo, nel corso dell’attuale e del precedente mandato del CNB, le audizioni del Dott. Salvatore De Masi e dei Proff. Claudio Buccelli, Renato Balduzzi, e Silvio Brusaferro.