31 marzo 2017
I Comitati etici sono, ormai, profondamente radicati e diffusi nelle nostre strutture sanitarie, eppure sembra che non riescano mai ad uscire da una perenne condizione di precarietà. Precarietà culturale, perché, anche se hanno consolidato e istituzionalizzato il ruolo della bioetica nella società, finiscono a volte per dare l’impressione di averla trasformata in una rigida routine burocratica distante, con i suoi ordini del giorno e i suoi rituali, dalle attese di chi soffre. Precarietà giuridica, perché, anche se la Legge 8 novembre 2012 ha definito una cornice comune di operatività sul piano nazionale, restano ancora rilevanti le differenze tra regione e regione, e restano ancora largamente indefiniti i compiti che esulano dalla valutazione dei protocolli di sperimentazione.
Un simile assetto, non particolarmente soddisfacente, sarà rimesso in discussione dall’attuazione del Regolamento (UE) 536/2014 che ha lo scopo di rendere più rapidi e omogenei gli esami dei protocolli di sperimentazione clinica, concentrando quanto più è possibile le procedure in un ristretto numero di organismi con spiccate funzioni tecniche. In diversi modi e attraverso diverse manifestazioni è stata, inoltre, avanzata la proposta di istituzionalizzare la prassi, già adottata da alcune strutture sanitarie, del “consulente etico unico”, per offrire una soluzione rapida e informale ai problemi più immediati. Ci troviamo di fronte a due tendenze opposte, che convergono tuttavia nel ridimensionare il ruolo dei Comitati etici: l’una in nome della centralizzazione e spersonalizzazione delle funzioni; l’altra in nome della capillarità e individualità dell’assistenza.
Per questi motivi, il CNB ha ritenuto che fosse opportuno, in continuità con quanto già affermato nei pareri su I Comitati etici del 27 febbraio 1992, su I Comitati etici in Italia: problematiche recenti del 18 aprile 1997 e su Orientamenti per i Comitati etici in Italia del 13 luglio 2001, richiamare l’attenzione sui numerosi compiti di consulenza per i più svariati problemi di assistenza che i Comitati etici hanno svolto in questi anni e, a maggior ragione, si troveranno a svolgere in futuro. Compiti che esigono attenzioni e competenze diverse da quelle richieste per la valutazione dei protocolli della sperimentazione farmacologica.
Il CNB si augura, quindi, che i Comitati per l’etica nella clinica trovino un’adeguata attenzione legislativa e amministrativa all’interno dell’attuale processo di revisione determinato dall’attuazione della normativa UE e, a questo proposito, indica al legislatore alcuni elementi essenziali di cui tener conto in relazione a eventuali compiti, struttura e composizione, dimensione territoriale, natura dei pareri espressi.
Il CNB ha colto anche l’occasione per ribadire, in ordine alla possibile istituzione di un “consulente etico unico”, che non è possibile rinunciare al carattere multidisciplinare e pluralistico della consulenza etica che deve essere, quindi, fornita esclusivamente dai Comitati per l’etica nella clinica nell’interezza dei loro componenti e alla luce della varietà delle singole competenze.