23 giugno 2017
Il parere, come recita il titolo, è dedicato al rapporto tra immigrazione e salute. Attingendo a una serie di dati circostanziati, da quelli di carattere epidemiologico a quelli sul numero degli sbarchi sulle coste italiane, il parere richiama innanzitutto l’attenzione sull’emergenza che sta mettendo a dura prova la sostenibilità, non solo finanziaria, delle varie misure lodevolmente approntate negli ultimi anni dall’Italia per gestire il flusso migratorio, dalle fasi del salvataggio in mare e della prima assistenza all’accoglienza diffusa nei vari comuni del Paese. Il fenomeno non viene però qui considerato solo in quest’ottica, di natura più emergenziale: vi è infatti anche un’immigrazione che oramai si è radicata ed è divenuta permanente, prova ne sia che gli stranieri residenti in Italia sono oltre 5 milioni e nel corso del 2015 ben 178.000 sono diventati cittadini italiani.
La scelta metodologica di dare molta rilevanza, specialmente nel paragrafo 1, a dati e studi statistici, riservando le considerazioni più propriamente bioetiche agli ultimi paragrafi, non è casuale e deriva dalla convinzione che un tema così complicato e così sensibile, sul piano sociale, politico e culturale, vada affrontato prima di tutto con una solida base di conoscenza empirica. Un simile approccio permette inoltre di sfatare alcuni luoghi comuni (come per esempio quello che attribuisce alla presenza di migranti la causa di un presunto diffondersi incontrollato delle malattie infettive) e ingiustificati allarmismi, frutto di disinformazione se non di veri e propri pregiudizi.
Il focus del parere può essere individuato nella tutela della “salute”, principio scolpito nell’identità costituzionale italiana come diritto sociale, ossia come bene della persona e della collettività, da garantire, nel suo contenuto essenziale e senza discriminazioni, a chiunque si trovi sul territorio nazionale, indipendentemente dal fatto che le persone siano giunte nel nostro paese in modo regolare o meno, che siano irregolari, profughi, richiedenti asilo o cosiddetti migranti economici. Il parere sviluppa poi alcune considerazioni basilari, che possono essere così sinteticamente riassunte:
- vengono rimarcati un dato e un aspetto tanto rilevanti quanto spesso ignorati, circa le conseguenze psicologiche delle vicende che portano i migranti in Italia, spesso costretti a subire violenze e altre forme di trattamenti disumani e degradanti. In altre parole, il problema si presenta frequentemente sotto il profilo della salute mentale o psicologica, che pure è inclusa nel concetto di salute, ma che di solito non è oggetto della dovuta attenzione. In tal senso, uno sguardo particolare è rivolto alle persone, come donne e bambini, che si trovano in condizioni di particolare vulnerabilità (paragrafo 3);
- quanto alla salute fisica, sebbene i dati epidemiologici non siano particolarmente preoccupanti, va ricordato che una ospitalità del migrante in termini di tutela della sua salute non può essere disgiunta dall’affermazione di un principio di solidarietà operante anche in senso inverso, ossia quale fonte di doveri per lo stesso migrante di partecipare alle forme essenziali di tutela della salute collettiva, sottoponendosi a quelle indagini diagnostiche e a quelle profilassi che sono indispensabili per tenere sotto controllo ed estinguere eventuali focolai di epidemia;
- infine una riflessione è dedicata alla relazione di cura e alla necessità che questa si sviluppi in un’ottica interculturale (paragrafo 4), senza per questo rinunciare a una comprensione della salute compatibile con il servizio pubblico e con la sua salvaguardia, il più possibile ampia.
Tra le varie raccomandazioni finali,
- si richiama la responsabilità della comunità internazionale sul fenomeno dell’immigrazione e sulle cause che ne sono all’origine, invitando nel contempo a condividere lo straordinario impegno, profuso negli ultimi anni in modo esemplare dall’Italia, per salvare innumerevoli vite umane e garantire il rispetto del diritto alla salute come diritto umano fondamentale e universale;
- si evidenziano le criticità sollevate da un’applicazione molto disomogenea dell’Accordo Stato – Regioni del 20.12.2012 (paragrafo 2), proponendo quindi di rafforzare il ruolo di coordinamento e di indirizzo del Ministero della Salute;
- si propone di sviluppare celermente adeguate modalità di contabilizzazione e rendicontazione delle spese effettivamente sostenute dal SSN per la salute della popolazione immigrata irregolare;
- si propone di istituire un dividendo sulle risorse degli stati maggiormente industrializzati, da versare su un fondo istituzionale destinato ai paesi più poveri;
- si chiede che venga introdotto nel nostro ordinamento il reato di tortura e che esso sia sanzionato adeguatamente: ciò per contrastare le esperienze drammatiche, alle quali sono sottoposti i migranti e in particolare le donne - detenzioni arbitrarie, trattamenti disumani, ripetute violenze sessuali, prostituzione sotto ricatto - esperienze che possono aver luogo anche nel territorio italiano (per esempio ad opera degli scafisti nelle acque territoriali italiane);
- si suggerisce di allestire forme di accoglienza specifiche per le donne che hanno subito ripetutamente violenza nel corso del viaggio di arrivo in Italia;
- si consiglia di rafforzare l’impegno a favore dell’educazione sanitaria, anche potenziando le funzioni di alcuni servizi, come i consultori familiari e i servizi di salute mentale;
- si raccomanda un progressivo aumento delle competenze interculturali degli operatori del SSN e un’adeguata valorizzazione, all’interno dei percorsi formativi universitari rivolti ai futuri medici e professionisti della salute, delle Medical Humanities e di studi e ricerche riguardanti la relazione terapeutica in una prospettiva interculturale;
- si invitano i relativi Ordini professionali ad aggiornare i propri codici deontologici, con espliciti riferimenti al dovere da parte del professionista di tenere conto delle differenti identità culturali di appartenenza dei pazienti.