14 luglio 1995
Il CNB analizza le problematiche inerenti l’utilizzo della medicina e della tecnica nelle fasi finali della vita umana, le cui implicazioni interpellano la coscienza dei singoli e la coscienza sociale. Il Comitato discute le prospettive filosofiche relative alla dignità del morente e alla dignità della vita, sottolineando la grande importanza della morte, che non può essere ridotto a mero evento biologico o medico. La consapevolezza della condizione mortale responsabilizza l’uomo nell’esercizio della propria libertà e conferisce alla vita umana un significato che la cultura contemporanea, attraverso la rimozione e la medicalizzazione della morte, rischia di dimenticare.
Il CNB si sofferma sulla questione dell’accanimento terapeutico, cioè del trattamento inefficace, gravoso e sproporzionato rispetto ai benefici che può procurare. L’auspicio è che si diffonda la consapevolezza che l’astensione dall’accanimento terapeutico ha un carattere doveroso, in specie nelle situazioni limite quali la malattia terminale e lo stato vegetativo persistente. Quanto al paziente cerebralmente morto, si ritiene lecita la prosecuzione della terapia intensiva solo al fine di consentire la donazione di organi.
Per quanto attiene alle direttive anticipate di trattamento, il CNB sottolinea, da un lato, come questo strumento possa essere considerato utile per valorizzare l’autonomia decisionale del paziente; dall’altro lato, si evidenzia la difficoltà di equiparare il rifiuto anticipato delle cure al rifiuto attuale, rilasciato da una persona competente, soprattutto quando si tratta di cure salvavita. Viene pertanto ipotizzata una soluzione intermedia, che considera le dichiarazioni anticipate non vincolanti, anche se indicazioni rilevanti dal punto di vista giuridico.
Il Comitato esprime il suo apprezzamento nei confronti dell’utilizzo delle cure palliative, riconoscendo un alto valore alle pratiche di umanizzazione della morte. Il supporto al morente avviene con l’attivazione della terapia del dolore, considerata legittima anche a costo di deprimere lo stato di coscienza del morente e di rischiare di abbreviarne la vita, purché questo venga fatto senza intenzioni eutanasiche. Oltre a questo, le cure palliative richiedono l’accompagnamento spirituale del morente ed una vocazione alla cura in senso globale, quindi non solo fisico, ma anche psicologico ed esistenziale.
Il Comitato sottolinea come un corretto utilizzo delle cure palliative possa contribuire a ridimensionare il problema dell’eutanasia. Un problema, questo sull’eutanasia, su cui il CNB si sofferma evidenziandone gli aspetti più rilevanti sotto il profilo etico e le ragioni che possono spingere il paziente verso una soluzione dettata da “abbandono” e una decisione presa in assenza di una reale serentità di giudizio.
Il parere denuncia altresì il rischio che, attraverso la legalizzazione dell’eutanasia, si giunga ad alterare la finalità della professione medica e ad indebolire la percezione sociale del valore della vita. Il pericolo di abusi e di un disimpegno sociale nei confronti dei morenti è indicato come concreta possibilità di scivolare verso forme di eutanasia non volontaria.