18 luglio 2019
Il CNB, dando seguito al proprio mandato di incentivare la discussione pubblica su tematiche etiche e di offrire una consulenza alle decisioni politiche, ritiene necessario con questo parere svolgere una riflessione sull’aiuto al suicidio a seguito dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale, la quale è intervenuta sulla questione, sollevata dalla Corte di Assise di Milano (ordinanza 14 febbraio 2018), in merito al caso di Marco Cappato e alla sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale.
Il Comitato ha inteso affrontare il tema dell’aiuto al suicidio con la consapevolezza di rilevare orientamenti difformi sia all’interno dello stesso Comitato, sia nella società.
Le linee guida del CNB (26/02/2015) all’art. 13, in merito alla stesura dei pareri predispone che questi “siano costituiti anzitutto da una parte descrittiva dello status quaestionis. Nella parte valutativa, quando emergono orientamenti divergenti, dovrà essere dato conto, in forma aperta e compatibile con l’economia del documento, della pluralità degli argomenti e delle posizioni emerse”.
La diversità di opinioni ha la possibilità, d’altronde, di fornire elementi di riflessione a servizio delle scelte di una società che intenda affrontare una questione, come quella dell’aiuto al suicidio, che presenta una serie di problemi e di interrogativi a cui non è possibile dare una risposta univoca. Una tematica che va annoverata fra le più controverse del dibattito bioetico attuale nel nostro Paese. Va considerato anche che l’elemento personale e le specifiche situazioni giocano un ruolo rilevante nel momento in cui ci si interroga in cosa consista il diritto alla vita, se esista il diritto alla morte e quali siano i valori etici a cui ispirarsi e in quale dimensione si collochi l’intervento del terzo, in particolare del medico, chiamato a dare risposta alla richiesta del paziente.
Il dibattito pubblico concernente il suicidio assistito illustra la grande difficoltà di riuscire a conciliare i due principi, così rilevanti bioeticamente, della salvaguardia della vita da un lato e dell’autodeterminazione del soggetto dall’altro.
Il parere ha voluto richiamare l’attenzione della società e del mondo politico, che dovrà discutere questo tema a seguito dell’invito della Corte costituzionale, su quelli che ha ritenuto essere le chiarificazioni concettuali e i temi etici più rilevanti e delicati che emergono a fronte di tali richieste: la differenza tra assistenza medica al suicidio ed eutanasia; l’espressione di volontà della persona; i valori professionali del medico e degli operatori sanitari; l’argomento del pendio scivoloso; le cure palliative.
All’interno del presente Comitato si riscontrano differenti opinioni.
Alcuni membri del CNB sono contrari alla legittimazione, sia etica che giuridica, del suicidio medicalmente assistito, e convergono nel ritenere che la difesa della vita umana debba essere affermata come un principio essenziale in bioetica, quale che sia la fondazione filosofica e/o religiosa di tale valore, che il compito inderogabile del medico sia l’assoluto rispetto della vita dei pazienti e che l’“agevolare la morte” segni una trasformazione inaccettabile del paradigma del “curare e prendersi cura”.
Altri membri del CNB sono favorevoli sul piano morale e giuridico alla legalizzazione del suicidio medicalmente assistito sul presupposto che il valore della tutela della vita vada bilanciato con altri beni costituzionalmente rilevanti, quali l’autodeterminazione del paziente e la dignità della persona. Un bilanciamento che deve tenere in particolare conto di condizioni e procedure che siano di reale garanzia per la persona malata e per il medico.
Altri ancora sottolineano come non si dia una immediata traducibilità dall’ambito morale a quello giuridico. Inoltre, evidenziano i concreti rischi di un pendio scivoloso a cui condurrebbe, nell’attuale realtà sanitaria italiana, una scelta di depenalizzazione o di legalizzazione del c.d. suicidio medicalmente assistito modellata sulla falsariga di quelle effettuate da alcuni Paesi europei.
Malgrado queste divergenti posizioni, il Comitato è pervenuto alla formulazione di alcune raccomandazioni condivise, auspicando innanzi tutto che in qualunque sede avvenga - ivi compresa quella parlamentare - il dibattito sull’aiuto medicalizzato al suicidio si sviluppi nel pieno rispetto di tutte le opinioni al riguardo, ma anche con la dovuta attenzione alle problematiche morali, deontologiche e giuridiche costituzionali che esso solleva e col dovuto approfondimento che esige una tematica così lacerante per la coscienza umana.
Il Comitato raccomanda, inoltre, l’impegno di fornire cure adeguate ai malati inguaribili in condizione di sofferenza; chiede che sia documentata all’interno del rapporto di cura un’adeguata informazione data al paziente in merito alle possibilità di cure e palliazione; ritiene indispensabile che sia fatto ogni sforzo per implementare l’informazione ai cittadini e ai professionisti della sanità delle disposizioni normative riguardanti l’accesso alle cure palliative; auspica che venga promossa un’ampia partecipazione dei cittadini alla discussione etica e giuridica sul tema e che vengano promosse la ricerca scientifica biomedica e psicosociale e la formazione bioetica degli operatori sanitari in questo campo.
Sono state redatte tre postille, pubblicate contestualmente al parere. La prima del Prof. Francesco D’Agostino a conferma del voto negativo dato al parere; le altre due della Prof. Assunta Morresi e del Prof. Maurizio Mori, che pur avendo approvato il documento, hanno voluto precisare le proprie ragioni di dissenso su alcuni temi trattati.